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L'artista
Nato a Rivarolo Mantovano il 28 dicembre 1923, Renato Laffranchi
ha compiuto studi classici e poi teologici presso il Seminario
Diocesano. E' stato ordinato sacerdote nel 1946 e dopo aver prestato la
sua opera a Brescia e a Pisogne, è dal 1955 coadiutore presso la
Parrocchia dei Santi Nazaro e Celso in città. Artista autodidatta,
la sua produzione comprende dipinti su tela e su tavola, mosaici, affreschi
e vetrate, con i quali interpreta in modo originale i temi sacri della
tradizione cristiana ma anche la dimensione spirituale di altre civiltà,
antiche e moderne.
Il suo studio è a Brescia, presso la Parrocchia dei Santi Nazaro
e Celso. Alcune sue opere si trovano in importanti edifici sacri e pubblici,
non solo in Italia ma anche a Gerusalemme, Portland e San Francisco.
La
mostra
Imago mundi, immagine del mondo, è il titolo scelto
per racchiudere il significato di una mostra che accoglie per la prima
volta a Calvisano trentasei opere del pittore bresciano Renato Laffranchi.
Nella splendida cornice quattrocentesca della chiesa di S.Maria della
Rosa - quasi in dialogo con le risposte che gli artisti del passato diedero
alle eterne domande del cuore e della mente - queste opere consentiranno
di percorrere per intero l'esperienza pittorica dell'artista, coprendo
un arco cronologico assai vasto che va dal 1978 al 2005.
Il linguaggio di don Renato Laffranchi si fonda sulla realtà e
sulla storia ma non per questo l'interpretazione dei suoi dipinti risulta
di facile lettura. Dentro storie apparentemente semplici si nasconde un'interpretazione
espressa con toni formalistici e simbolistici, che spesso assumono il
carattere dell'invettiva e della critica contro una società che
premia i potenti e i malvagi e si allontana dal modello ideale della Gerusalemme
celeste, giardino pieno di vita e di grazia.
L'arte
di don Laffranchi esprime una concezione cristiana e religiosa dell'uomo
e del suo destino, in cui arte e bellezza sono un binomio teso ad esprimere
la "condizione intuitiva del divino" (Passamani). Il mondo che
l'artista esprime è spesso il luogo in cui l'essere umano cammina
per tortuosi sentieri, preda dell'illusione, dell'inganno, dell'errore,
conservando dentro di sé il sigillo di un paradiso perduto a cui
tornare dopo un'umile e faticosa ricerca, che è ricerca del Divino.
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Sarebbe comunque sbagliato esaurire l'essenza dell'arte di Laffranchi
nella sola tradizione cristiana: essa trae ispirazione da una cultura
poliedrica e da una ricerca spirituale assai vasta, dove dialogano i miti
e i luoghi della tradizione classica, la cultura orientale accanto a quella
delle antiche civiltà mediterranee e pre-colombiane.La
spiritualità che è alla base dell'arte di Laffranchi, è
presente anche in altri pittori che possono averlo ispirato: Georges Rouault,
Henri Matisse e Marc Chagall, ma ancne Paul Klee e Joan Mirò, artefici
di una pittura caratterizzata dall'interiorità e dalla drammaticità
espressionistica, che non intacca mai completamente l'armonia della composizione.
Dal punto di vista tecnico si rimane colpiti dalla grande padronanza dei
i nezzi pittorici: l'abile utilizzo della tempera, le stesure precise
e metodiche entro aree delimitate ed uniformi, distendono sulla tavola
colori estremamente decisi, talvolta impreziositi da campiture d'oro e
d'argento. L'efficacia di un colore pulito e marcato trae forza ulteriore
dal disegno, vero protagonista dei suoi dipinti, che diventa talvolta
arabesco sinuoso e talora solcatura nervosa, simile alla linea metallica
di una vetrata. Il dialogo personale e anticonvenzionale con la storia
della pittura, l'esperienza del viaggio mentale e reale che don Laffranchi
ha praticato arricchiscono di significati la sua ricerca, l'approfondiscono
con suggestioni provenienti da luoghi lontani che affiorano, ricordati
o sognati, dagli angoli dimenticati della mente, fino a diventare paesaggi
mentali
o dell'anima. In questo sguardo libero e attento dell'artista cogliamo
l'innocenza e la curiosità del bambino, che partecipa della vita
con l'anima dispost a ad imparare e a sognare.
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In
mostra sono presenti diverse opere, come Il gran Canyon raccontato
ai bambini (2002), Il piccolo clown
(2004), L'usignolo dell'imperatore (2003), che
evocano il mondo incantato della fiaba e hanno il sapore della fantasia
e dell'evasione.
I pesci volanti, le navicelle in esplorazione, le lune sognanti, le città
fantastiche, non sono forme puntigliosamente descritte indagando con attenzione
la realtà ma frutti dell'immaginazione e della
memoria. Accanto a loro, sono presenti in mostra immagini e figure ben
più drammatiche, come il Cristo crocifisso presente in due opere
simbolo del dolore salvifico, dove a dominare sono i toni del rosso impreziositi
da striature argentine e dorate, con il drammatico e caratteristico fiotto
di sangue che irrora il mondo.
Con
il dipinto La città volante (2005) Don
Laffranchi ci condurrà ad immaginare la Gerusalemme celeste, la
patria verso la quale siamo in cammino, unico porto di pace. Per la realizzazione
di questo soggetto il pittore ha tratto ispirazione da un passo dell'Apocalisse
di San Giovanni apostolo (Apocalisse, 21, 1-5). La città di Laffranchi
è costruita entro composizioni ferme, bloccate e geometriche e
sembra poggiare su pendici montuose, come si legge nel salmo 87,1 "Le
sue fondamenta sono sulle sante montagne". Al termine di questo itinerario
artistico e spirituale ci attende il maestoso San Michele
(2005). L'arcangelo Michele è immaginato da Laffranchi
come un angelo di fuoco e di luce mandato dalla mano pietosa e salvifica
di Dio a trafiggere, in un cielo solcato da bagliori bluastri, il drago
serpentiforme, simbolo del male. Vogliamo immaginare che l'artista, di
lontane origini calvisanesi, abbia scelto quest'opera come omaggio alla
devozione locale a questo santo, che si rinnova ogni anno in settembre
con la distribuzione del pane di San Michele.
Antonella
Busseni
Danila Lorenzi
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